L’offesa sui social network è all’ordine del giorno, gli haters o “leoni da tastiera” non si preoccupano troppo spesso delle conseguenze delle loro azioni, sentendosi al sicuro dietro la schermata del loro pc o smartphone.
Il problema è che la contestazione aperta e diretta contro una persona non bisogna confonderla con la diffamazione.
L’art. 595 del codice penale stabilisce che chi offende l’altrui reputazione è soggetto alla pena della reclusione fino ad un anno e la multa fino a 1.032,00 euro, se avviene con i mezzi della stampa o altre forme di pubblicità la pena base è di sei mesi fino ad un massimo di tre anni.
L’evento tipico del reato di diffamazione è rappresentato dalla percezione dell’offesa da parte di due o più persone a cui sia rivolta la comunicazione penalmente rilevante. A tal fine non è sufficiente né la mera esternazione senza percezione, come nel caso in cui essa sia rivolta ad una persona distratta, considerato che la comunicazione implica un rapporto bilaterale di dare e ricevere la notizia, né la mera percezione non accompagnata dalla comprensione del significato offensivo dell’addebito.
Considerato che l’offesa può essere comunicata ad almeno due persone sia contemporaneamente che in momenti successivi, il reato si considera consumato con la percezione dell’offesa da parte della seconda persona a cui sia stata comunicata.
Ma quando e come la frase scritta nel social può determinare la diffamazione?
Innanzitutto, affinché si configuri l’offesa il soggetto deve pubblicare un post offensivo rivolto alla persona/e che intende colpire e deve superare il limite della critica, ovvero quanto l’asserzione superi i confini della verità, pertinenza e continenza.
In altre parole l’attacco si tramuta in offesa nel momento in cui la persona stia affermando cose mai accadute e le attribuisca a quel determinato soggetto, travalicando il confine legale dettato dalla norma e risultando lesivo della reputazione altrui.
Non è, invece, considerata diffamazione, secondo la giurisprudenza, chi commenta sotto dei post offensivi pubblicati da terzi condividendone l’opinione o chi, semplicemente, metta il “like” al post pubblicato.
Condividere, al contrario, un post offensivo pubblicato da terzi sul proprio profilo personale comporterebbe anche per questo soggetto una diffamazione in quanto, condividendo l’opinione altrui, diffonderebbe con i propri contatti le frasi denigratorie precedentemente diffuse.
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