L’offesa sui social network è all’ordine del giorno, gli haters o “leoni da tastiera” non si preoccupano troppo spesso delle conseguenze delle loro azioni, sentendosi al sicuro dietro la schermata del loro pc o smartphone. Il problema è che la contestazione aperta e diretta contro una persona non bisogna confonderla con la diffamazione. L’art. 595 del codice penale stabilisce che chi offende
I fenomeni del bullismo e del cyberbullismo sono sempre più diffusi nell’ambito scolastico e continuano ad essere sempre più osservati sotto la lente d’ingrandimento da parte del legislatore. Dal termine inglese “bullying” la fattispecie si realizza quando un minore diventa vittima di comportamenti vessatori, offensivi, ingiuriosi messe in atto da un singolo o, ancora peggio, da un gruppo di persone.
Il nuovo articolo 612-ter c.p., anche meglio conosciuto come Revenge Porn, ha introdotto un nuovo tipo di condotta illecita. L’articolo prevede la punizione di colui che diffonde, cede, pubblica, invia, consegna, dopo averli precedentemente realizzati, immagini o video di carattere pornografico o a contenuto sessualmente esplicito di persone senza il consenso delle stesse e destinati, quindi, a rimanere privati. Lo stesso
Per diffamazione si intende quell’offesa recata con l’intenzione di ledere l’altrui persona davanti a più persone in assenza della persona offesa. In altre parole la persona interessata dall’offesa in quel frangente non deve avere la possibilità di difendersi, poichè non presente, e l’utilizzo delle parole deve avere quella idoneità a ledere l’onore e la reputazione dello stesso.
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