Sempre più al centro dell’attenzione dei media è quanto accade tutte le volte in cui un soggetto per scherzo o per altro riprende, scatta foto e poi li pubblica senza il consenso della persona interessata.

Cosa di tutto ciò può essere lecito?

Ecco il vademecum di ciò che è e non è consentito fare:
Innanzitutto, bisogna distinguere chi compie questa attività, se è un privato a registrare/riprendere si parla di registrazioni, se è l’autorità procedente si parla di intercettazioni (attività compiuta in fase di indagini allo scopo di prevenire la commissione di reati).
Nel caso che ci occupa, invece, si ha registrazione tutte le volte che il soggetto/cittadino anche con un semplice smartphone o con una telecamera nascosta riprenda ciò che sta avvenendo.
Ebbene, nel caso in cui il soggetto ripreso sia a conoscenza di quello che sta accadendo ed abbia manifestato il consenso, nulla questio in merito, perché non si sta commettendo nulla di male.
Attenzione però, prestare il consenso non significa avere diritto a potere divulgare a terzi o ai social network quanto ripreso.
Anche in questo caso è necessario il libero consenso della persona interessata, senza si incorrerebbe nella lesione della privacy, ai sensi dell’art. 167 d. lgs. 196/2003.
Cosa succede, però, se il soggetto che filmiamo non è a conoscenza di quello che stiamo facendo?
Violare, infatti, quanto dispone l’art. 615 bis c.p. (interferenze illecite nella vita privata) ci si mette davvero poco.
Orbene, non si è responsabili di quanto previsto dal predetto articolo nei casi in cui la ripresa avviene in un luogo pubblico (parco, edificio pubblico, pubblica via, ecc.) allo scopo di prevenire un illecito nei nostri riguardi.
All’interno di luogo privato (casa, auto, ufficio, ecc.) è consentito alle stesse condizioni anzidette, ma colui che registra deve essere il titolare dello stesso e non un terzo estraneo.
In ordine alla possibile diffusione a terzi, anche in detto caso, detta attività costituirebbe una lesione della privacy.
E per l’utilizzo in un processo penale?
È ammessa come prova documentale durante il giudizio ed è liberamente valutabile dal giudice se non considerarla come prova oppure portarla a fondamento della propria decisione definitiva.
Prima del giudizio ed a sostegno della persona offesa, a seguito di un illecito ricevuto da terzi, può essere allegata alla querela al fine di dimostrare l’esistenza di quanto subito.

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